Come e perché hai iniziato la tua carriera artistica?
Fin da giovane, sono stato circondato da influenze artistiche: mio padre era un calligrafo e artigiano. La sua capacità di creare oggetti intricati a partire da materiali ordinari mi affascinava e ha piantato in me i semi della creatività. Sebbene abbia intrapreso studi di ingegneria, la mia passione per l’arte è sempre rimasta viva. Durante il periodo universitario, frequentavo corsi di pittura e mi concentravo su opere altamente realistiche. Dopo solo un anno, sono diventato assistente del mio insegnante di pittura nel suo laboratorio, il che ha rafforzato ulteriormente il mio legame con il mondo dell’arte.
In quel periodo, ero uno studente di laurea magistrale in Ingegneria del Progetto dei Processi presso la Vienna University of Technology. La mia carriera artistica è iniziata professionalmente quando ho superato l’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti di Vienna. Questo è stato un punto di svolta: ho preso la decisione importante e rischiosa di lasciare l’ingegneria per dedicarmi completamente all’arte. Non si è trattato solo di un cambio di carriera, ma di un salto di fede per inseguire appieno la mia passione. Trasferirmi da Teheran a Vienna e immergermi nella sua vibrante scena artistica è stato trasformativo, permettendomi di sviluppare pienamente la mia pratica e abbracciare la mia identità artistica.
Come hai scoperto il tuo medium e perché lo hai scelto?
Sono sempre stato affascinato dagli oggetti che portano con sé una storia: oggetti trovati, antichi progetti tecnici e piani architettonici o industriali. Il mio medium si è evoluto naturalmente a partire da questa fascinazione. Lavorare con questi oggetti è il mio modo di preservare e celebrare la loro bellezza e la loro storia. Integrandoli nella mia arte, cerco di creare un dialogo tra passato e presente, offrendo loro una nuova narrazione.
Per dare nuova vita a questi oggetti, spesso scelgo tecniche come collage, assemblaggi o installazioni. Questo approccio mette in relazione il mio background tecnico in ingegneria con la mia sensibilità artistica, rendendo il medium profondamente personale e significativo.
Puoi parlarci del tuo processo creativo? Come prende vita il tuo lavoro? Quanto tempo impieghi per creare un’opera? Come capisci quando è finita?
Il mio processo creativo spesso inizia con la scoperta. Raccolgo oggetti, a volte per anni, prima che il loro scopo nel mio lavoro diventi chiaro. Sono questi oggetti a guidare la narrazione, e li tratto con cura, permettendo alla loro storia e al loro carattere di emergere.
Negli ultimi anni, il mio processo si è evoluto fino a includere materiali che ricevo da altre persone. Seguaci, fan e collezionisti spesso mi forniscono oggetti o li scambiano con le mie opere. Ad esempio, ho ricevuto antichi progetti tecnici da collezionisti che li avevano già nei loro archivi e me li hanno donati affinché io potessi dare loro nuova vita. In alcuni casi, restituisco queste opere trasformate una volta completate. Questo aggiunge un altro livello alla mia pratica, in cui a volte i materiali trovano me, piuttosto che io cercarli.
Il mio approccio alla creazione è meticoloso; mi assicuro che ogni elemento nei miei assemblaggi o collage completi la composizione generale. Il tempo necessario per completare un’opera varia, ma mi affido a un senso intuitivo per sapere quando è completa. È un dialogo tra me e i materiali, che consente al pezzo di raggiungere naturalmente la sua forma finale.
Chi sono i tuoi artisti preferiti? Da chi trai ispirazione?
Tra le mie fonti di ispirazione ci sono molti artisti e figure. René Magritte e Max Ernst mi colpiscono per la loro capacità di trasformare l’ordinario in straordinario. Il lavoro di Aby Warburg, basato sugli archivi, si collega profondamente al mio approccio alla storia e alla memoria. Ho cercato di sviluppare questa pratica all’interno del collettivo che ho fondato, RingelReih, dove lavoriamo su progetti ispirati principalmente a un archivio che ho raccolto negli ultimi 17 anni.
Ammiro molto anche l’artista austriaco contemporaneo Markus Schinwald, in particolare per l’estetica delle sue opere. La mia serie As If They Always Belonged to Each Other mi ricorda il suo lavoro, anche se non ne sono stato direttamente ispirato. Curiosamente, stavo già lavorando in modo simile prima di conoscere le sue opere, e sono stati alcuni curatori a farmi notare le somiglianze nei nostri approcci. Questa connessione lo ha reso uno dei miei artisti preferiti.
Un altro artista che ammiro profondamente è Anselm Kiefer. Mi ispira particolarmente il modo in cui organizza il suo studio e come classifica e archivia i suoi materiali. Il mio studio, con il suo archivio accuratamente organizzato, è come una versione in scala ridotta della vasta operazione di Kiefer. Aspiro un giorno a lavorare su una scala altrettanto grande, con lo stesso livello di ambizione e struttura.
Dall’Italia, trovo ispirazione in Alighiero Boetti. Il suo approccio concettuale e la capacità di fondere complessità e semplicità attraverso schemi ripetitivi e dettagli intricati risuonano profondamente con me. La sua esplorazione dell’ordine, del caos e della natura collaborativa dell’arte riflette temi che anche io esploro nella mia pratica.
Oltre a queste figure note, traggo ispirazione da molti creatori anonimi le cui opere scopro nei mercatini o negli archivi. La loro dedizione al dettaglio e alla maestria artigianale informa profondamente la mia pratica e arricchisce la mia visione creativa.